Categoria: Ottant’anni or sono

Mio babbo, Armando Franzi, nasce, da emigrati italiani, a Solothurn, nella Svizzera tedesca, il 12 giugno del 1920. Nel 1936, a 16 anni, torna in Italia per lavorare e imparare l’italiano. Nel ’40 è chiamato alle armi e nel giugno del ’42, a 22 anni appena compiuti, viene spedito in Russia con l’ARMIR.
Così inizia la sua prefazione alla traduzione italiana del diario:
“I casi della vita mi hanno condotto in Russia. Gratis. Tutto a spese del Governo Italiano.
Ero sergente da poche settimane. Comandavo una squadra del 3° plotone della 3a Compagnia del III Btg. Mortai da 81 della Divisione Ravenna. Perciò ero uno dei 220.000 dell’ARMIR (Armata Italiana in Russia), mandati laggiù coi fucili ’91 e le fasce mollettiere a far la fine che tutti sanno.
Ero uno di quegli sciagurati che hanno fatto la “Ritirata di Russia”. Dicono e scrivono che sia stato uno degli episodi più spaventosi della 2a guerra mondiale, anche per il gran freddo che faceva. Forse è così.
Comunque, non so come, sono riuscito a tornare in Italia. Qui è doveroso un grazie alla magnifica gente dell’Ucraina, che ci ha aiutati in tutti i modi, spesso anche a rischio della vita. Non li dimenticherò mai.”

Il 12 giugno del 1942 inizia a scrivere il diario (in tedesco, la sua lingua madre). Lo tradurrà in italiano soltanto quarant’anni dopo. Non ha mai voluto pubblicarlo, lasciando a me l’onere di decidere, dopo la sua morte, se farlo o meno. Non me la sono sentita di lasciar cadere nell’oblio la sua testimonianza, l’ho pubblicato prima come ebook e poi in edizione cartacea. L’anno scorso ricorrevano 80 anni da quei tragici avvenimenti, che in parte si svolgono in quello che oggi conosciamo come Donbass. Ho voluto ripercorrerli seguendo il diario. I quasi mille chilometri a piedi sotto il terribile caldo estivo nell’avvicinamento al fronte sul Don. Gli altrettanti nella spaventosa ritirata invernale, fino al rientro in Italia dei sopravvissuti.

Diario Campagna di Russia I